I
danni della discordia e l'esempio di Gengis Khan
Di
Francesco
Alberoni
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By
Corriere della Sera |
- E' incredibile la potenza sprigionata dall'unione ed è
incredibile la capacità devastatrice della discordia. Per
secoli le tribù mongole hanno guerreggiato fra di loro, per
secoli si sono logorate in interminabili catene di vendette.
Poi Gengis Khan con la forza, l'astuzia, la diplomazia è
riuscito ad unificarle, a costruire un esercito compatto e con
una rigorosa originale tecnica bellica. E ha additato ai
mongoli una meta: la conquista del mondo. Essi hanno
incominciato a credere di poterla raggiungere quando hanno
sconfitto eserciti più numerosi, quando si sono diffusi la
fama del gran Khan e il terrore delle sue crudeltà. I
generali, i parenti che lo hanno servito sono stati
ricompensati. Gli altri sono stati uccisi. Gengis Khan non ha
conquistato il mondo, ma ha pur sempre creato il più grande
impero della storia.
Però non sono solo la forza, la vittoria e il terrore ad
avere la capacità di unificare. L'ha anche la nascita
improvvisa, la diffusione di una nuova fede nei movimenti
collettivi. I movimenti hanno la proprietà di suscitare in
coloro che ne sono coinvolti una straordinaria solidarietà e
un fortissimo spirito di fratellanza. Scompaiono le ambizioni,
gli egoismi individuali, tutti si dedicano allo scopo comune.
I sociologi anglosassoni hanno cercato in ogni modo di
dimostrare che la forza che muove le persone nei movimenti
nasce dall'interesse, se non attuale, futuro. Come il paradiso
per i martiri cristiani e per i guerrieri islamici. Ma che
utile personale ha l'ateo marxista che muore per la
rivoluzione? E' lo stato nascente del movimento che genera
entusiasmo, fede, amore reciproco e generosità. Ciascuno
dimentica i propri interessi e si sacrifica per la comunità,
sia essa la Chiesa cattolica, l'Umma islamica, il Partito o la
Patria.
Ed è questa la forza unificante più importante. Le
formazioni sociali nate dalla conquista di un esercito hanno
vita breve. Alla morte di Gengis Khan l'impero si è diviso,
poi sbriciolato e, alla fine, le tribù mongole hanno
ricominciato a farsi guerra come prima. Lo stesso è accaduto
all'impero di Alessandro, a quello di Attila.
Quando si disgregano le formazioni sociali? Quelle nate
dalla paura di esser uccisi quando scompare chi le terrorizza.
Quelle nate dagli interessi quando non vengono raggiunti.
Quelle nate dai movimenti quando i loro membri perdono la
fede. Allora scompare l'amore per la comunità. Non gli
importa più nulla della Chiesa, del Partito, della Patria per
cui si sono sacrificati. Svaniscono l'amore reciproco,
l'altruismo, la fratellanza ed esplodono le ambizioni, gli
egoismi individuali. Gli individui si rivoltano contro
l'edificio che hanno costruito, lo sbranano, lo saccheggiano e
si scontrano fra di loro pensando solo ad arraffare qualcosa
per sé.
Oltre due millenni e mezzo fa Empedocle di Agrigento aveva
posto alla base di ogni cosa due forze: eros e discordia. La
prima edifica, la seconda distrugge.
Ora prevale l'una, scriveva, ora l'altra. E Freud ha postulato
due principi: Eros che unisce e Thanatos che frantuma. L'ha
fatto durante la Prima guerra mondiale quando ha visto
l'Europa dilaniarsi senza un motivo razionale, presa dalla
dissennatezza omicida, dall'autodistruzione.
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