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L’ottimismo è bello (ma senza sottovalutare l’avversario)

Di Francesco Alberoni

By Corriere della Sera


Ci sono due tipi di ottimisti. Quelli che sono sicuri di riuscire perché vedono tutte le debolezze dei concorrenti o dei nemici e quelli che, invece, sono sicuri di vincere perché hanno una grandissima fede in se stessi e nella propria causa. Entrambi gli atteggiamenti hanno vantaggi e svantaggi. Coloro che si affidano alla fede e all’entusiasmo sono portati a sopravvalutare se stessi, la propria forza e a sottovalutare la potenza dell’avversario. La storia è piena di rivolte, di movimenti che si sono scontrati sconsideratamente contro nemici enormemente più forti di loro e sono stati sconfitti. Due volte gli ebrei hanno cercato di liberarsi dal dominio romano ed entrambe le volte la loro rivolta è finita in tragedia. A volte è un mito che dà ai partecipanti un’illusione di forza o di onnipotenza. Gli indiani del Nordamerica sono entrati in guerra guidati da Toro Seduto, il gran sacerdote della «danza degli spiriti», sicuri di vincere perché aspettavano l’aiuto dei morti guerrieri. Però la fede e l’entusiasmo conferiscono anche una straordinaria forza ed uno straordinario coraggio. Quando le forze sono quasi uguali, chi le possiede vince. I grandi generali, Alessandro, Cesare, Napoleone hanno spesso vinto con forze inferiori perché sapevano suscitare queste energie nei loro soldati.
Ed ora veniamo all’ottimismo di coloro che vedono soprattutto le debolezze dell’avversario. Costoro possono correre dei gravi pericoli perché, cogliendo solo i difetti, non si accorgono delle risorse del nemico. I tedeschi e gli italiani nella Seconda guerra mondiale sono finiti schiavi della propria propaganda la quale sosteneva che gli inglesi e gli americani erano troppo ricchi per sopportare le fatiche della guerra. Errori dì sottovalutazione del nemico sono frequenti nelle aristocrazie. I loro membri, abituati alla superiorità, considerano gli altri degli esseri inferiori. Gli altezzosi monarchi europei hanno inviato i loro eserciti a soffocare la Rivoluzione francese convinti che la plebaglia sarebbe subito scappata. Invece, a Valmy, ha resistito e vinto. E poi sono stati sconfitti da un uomo venuto dal nulla, Napoleone.
Le orgogliose potenze consolidate non capiscono la solidarietà, la forza, il coraggio generato da un movimento. I mongoli, dopo aver conquistato l’Asia, sono stati cacciati dalla Cina dal movimento Ming. I regni musulmani di Spagna sono stati travolti due volte dai movimenti integralisti usciti dal Marocco. Le potenze europee hanno sottovaluto l’Armata rossa all’epoca della rivoluzione, gli americani la forza dei Vietcong, Saddam Hussein il fanatismo dei rivoluzionari di Khomeini. Negli anni Novanta la sinistra italiana ha sottostimato la capacità di mobilitazione e di tenuta di Forza Italia.
E’ un errore che hanno sempre fatto anche le aristocrazie culturali. I loro membri si elogiano, si incensano, si premiano a vicenda e trattano da incapaci coloro che non appartengono al loro circolo di eletti. Ma spesso è al di fuori, fra i diversi, che nascono le personalità più creative e le idee più nuove. Freud è stato deriso e respinto dall’accademia. Ma, decenni dopo, il suo pensiero ha trionfato in tutto il mondo.


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