La gioventù è
smarrita
Alcuni
anni fa rimasi profondamente impressionato da una moda che, come
una febbre, sembrava diffondersi in tutta l’Italia:
improvvisamente i giovani cominciarono a lanciare i sassi dai
cavalcavia, giocando ad uccidere. Sì, proprio così: il cinico
gioco sembrava divertire così tanto i giovani che, per fermarlo,
furono numerati i cavalcavia per dare alla polizia la possibilità
di individuare velocemente i “lanciatori” omicidi. Il fatto,
per un momento, turbò tutti.
E sulla stampa nazionale apparvero analisi più o meno profonde
del “fatto”…Concordemente fu detto: questi giovani agiscono
con una incoscienza impressionante, al punto tale che non si
rendevano neppure conto della gravità di ciò che facevano; e
questi giovani erano diventati pericolosi, perché erano
spiritualmente vuoti e quindi senza riferimenti morali per
distinguere ciò che è bene da ciò che è male; questi giovani,
infatti, usavano una sola categoria di valore: “questo mi
diverte…e quindi lo faccio e va bene così!”.
Ma questo è un fatto terribile e pericolosissimo. Mi vengono in
mente le parole di un giornalista che, in quei giorni, ebbe il
coraggio di scrivere: “Attenti, genitori! Attenti, educatori! Se
continuiamo di questo passo, prima o poi saremo costretti a dire:
figli nostri, figli mostri!”.
E, in un certo senso, già siamo arrivati a questa amara
conclusione. Ho seguito con una certa attenzione la ripugnante
vicenda delle ragazze di Chiavenna, che, inspiegabilmente,
decisero di massacrare una suora generosissima e amata da tutti
per la sua disponibilità a soccorrere…fino all’eroismo.
E, proprio attirandola satanicamente con una finta richiesta di
soccorso, riuscirono a farla uscire di casa sul far della sera per
un appuntamento in una via solitaria… con un accanimento da
belve… usando il coltello preso nella cucina della propria
mamma!
Mi pongo alcune domande.
Possibile
che, prima di quel momento, nessuno si fosse reso conto della via
sbagliata e pericolosa, che quelle ragazze stavano percorrendo?
Possibile che nessuno avesse notato la stranezza delle loro
letture, dei loro discorsi, dei loro comportamenti?
Possibile che nessuno si fosse accorto che qualcosa di tenebroso
stava entrando nella vita di quelle giovani, che, certamente,
parlavano e mostravano in qualche modo i loro gusti e le loro
tendenze e gli orientamenti della loro vita?
…
Permettetemi che vi parli cuore a cuore e vi dica subito una
cosa fondamentale: se non ammettiamo che i figli possono veramente
essere cattivi, che possono diventarlo, che possono scegliere di
esserlo… non scatterà mai la responsabilità dell’educazione
e la passione per l’educazione.
Un genitore vero è un educatore e deve desiderare
operativamente il bene dei figli: il bene dei figli è il cuore
buono, il cuore capace di donare, il cuore capace di commuoversi,
il cuore capace di atteggiamenti d’altruismo e di gesti costanti
e coerenti di servizio.
Fino a quando un figlio non è entrato nello stile del dono di
sé… non è ancora nato, non è ancora adulto, non ha ancora
iniziato a vivere veramente e pienamente.
I genitori, oggi, capiscono tutto questo?
I genitori, oggi, che cosa cercano per i figli?
I genitori, oggi, vogliono bene (vero bene) ai figli?
Si avverte un bisogno
diffuso di ideali, che diano senso alla vita
Già
nel 1966, l’anziano pensatore francese P. Ricoeur così scrisse
sulla rivista Etudes: “La maggior parte degli uomini manca
certamente di giustizia, manca indubbiamente di amore, ma ancor più
manca di significato. L’insignificanza del lavoro,
l’insignificanza del piacere, l’insignificanza dela sessualità:
ecco i problemi di oggi!”.
Sono parole verissime…
I giovani oggi sono colmi di tante cose, ma poveri di spiritualità;
sono stracolmi di esperienze sessuali, ma poveri di amore e
incapaci di amare (e per questo falliscono i matrimoni; perché i
giovani non sanno più amare: sanno soltanto fare il sesso); sono
sazie e pieni di benessere, ma insoddisfatti e infelici…
Come osservava amaramente Calvino, “il territorio che l pensiero
laico ha sottratto ai teologi, cade in mano ai negromanti e ai
maghi”: e potremmo aggiungere: sfocia alla deriva squallida dei
sexy-shops e dei venditori delle tantissime droghe, di cui ha
bisogno l’uomo contemporaneo per non accorgersi dello schifo
della sua esistenza.
Una ragazza, trovata suicida nalla toilette di una stazione di
Roma, ha lasciata un testamento, che ogni genitore e ogni
educatore dovrebbe lungamente e seriamente meditare. La giovane,
rivolgendosi ai genitori, ha scritto con implacabile lucidità:
“Riconosco che mi avete voluto bene, ma… non siete stati
capaci di farmi del bene. Mi avete dato tutto, anche il superfluo,
ma… non mi avete dato l’indispensabile: non mi avete indicato
un ideale per il quale valesse la pena di vivere! Per questo ho
deciso di togliermi la vita! Perdonatemi, ma non ho altra
scelta”.
Il problema della educazione delle nuove generazioni sta
diventando una vera e propria emergenza: tantissimi giovani stanno
morendo tra l’indifferenza generale, in una società frivola e
spensierata, ma piena di rischi e di trabocchetti per la vita dei
giovani.
Noi
adulti di oggi, soprattutto noi adulti cristiani, ci assumiamo una
terribile responsabilità se non siamo capaci di trasmettere ai
giovani il patrimonio di sapienza e di fede, che ha illuminato la
nostra generazione e la generazione dei nostri genitori e quella
dei nostri nonni.
… La nostra generazione non ha il diritto di spegnere la lampada
che ha illuminato il cammino di tantissima gente, dando senso alla
famiglia e al lavoro e al dolore e alla morte stessa.
Sì, alla morte stessa! Pensate come un tempo morivano i nostri
anziani… nel calore della casa, nell’abbraccio degli affetti,
nella luce rasserenante della fede.
E oggi? Non ho il coraggio di descrivere come si muore oggi!
Dobbiamo con decisione ritrovare la polla d’acqua limpida che si
è momentaneamente sommersa: dobbiamo ritrovarla per riassaporare
il gusto della vita e per trasmettere ai giovani la bellezza della
vita sentita come vocazione e come missione stupenda d’amore.
Alcuni anni fa, ebbi l’occasione di incontrarmi con alcuni
giovani, dopo che, uno di loro, era rimasto decapitato lungo la
statale adriatica, mentre sporgendosi dal finestrino destro della
vettura, gustava l’ebbrezza del rischio: il conducente,
probabilmente ebbro o stordito anche lui, non aveva visto un
camion parcheggiato sul lato destro della strada; la vettura si
accostò troppo… e la testa dell’amico venne letteralmente
tagliata dall’urto.
Dopo alcuni giorni, sostando sul luogo del terribile incidente,
feci un momento di preghiera e, a un certo punto, sentii la voce
di un giovane che accanto a me disse sottovoce: “Che schifo è
la vita!”.
Questa esclamazione spontanea mi ferì il cuore e, avendo in mano
il Breviario, estrassi un foglietto che porto sempre con me e lo
lessi ad alta voce:
“La vita è un’opportunità: coglila.
La vita è bellezza: ammirala.
La vita è beatitudine: assaporala.
La vita è un sogno: fanne una realtà.
La vita è una sfida: affrontala.
La vita è un dovere: compilo.
La vita è un gioco: giocalo.
La vita è preziosa: abbine cura.
La vita è ricchezza: conservala.
La vita è amore: godine.
La vita è un mistero: scoprilo.
La vita è promessa: adempila.
La vita è tristezza: superala.
La vita è un inno: cantalo.
La vita è una lotta: combattila.
La vita è un’avventura: corrila.
La vita è felicità: meritala.
La vita è la vita: difendila”.
E’ l’inno alla vita composto da un giovane e firmato dalla
mano giovane di Madre Teresa di Calcutta. Mettete a confronto le
due definizioni della vita: “Che schifo è la vita!” e “La
vita è bellezza!”; e avrete immediatamente la percezione che la
fede in Gesù è l’unica intonazione, che trasforma la vita da
schifo in canto!
(ANGELO COMASTRI, Arcivescovo-Delegato Pontificio
di Loreto, Lettera alle famiglie) |