Il primo articolo di questo
spazio che la redazione del settimanale ha deciso di destinare
alla trattazione di alcuni aspetti problematici o di novità in
campo fiscale, ha ad oggetto una pronuncia della V Sezione della
Corte di Cassazione, la n. 18415 del 16 Settembre 2005, in merito
alla nullità di una cartella di pagamento, in precedenza impugnata
dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e Regionale perché
risultavano incomprensibili le ragioni del recupero fiscale. La
scelta è stata dettata anche dal fatto che, ahinoi!, non è proprio
insolito per i contribuenti vedersi notificare una cartella
esattoriale senza che si sia ricevuto un atto di accertamento in
precedenza, così come non è insolito riscontrare obiettive
difficoltà a comprendere il tipo di contestazione ed a risalire
alle ragioni della stessa.
Nel caso di
specie l’amministrazione aveva ripreso a tassazione il 50 % della
somma versata dal contribuente come assegno alimentare, in
adempimento degli impegni assunti in sede di separazione coniugale
dinanzi al tribunale.
La cartella
riportava tuttavia i soli codici tributo, senza alcuna nota di
accompagnamento né alcuna motivazione per relationem.
A parere della
Suprema Corte alla cartella esattoriale sono comunque applicabili
i commi 1 e 3 dell’art. 3 della legge n. 241/1990 sul procedimento
amministrativo, espressamente recepiti per la materia tributaria
dall’art. 7 della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente),
potendosi dunque eccepire la nullità della stessa in difetto di
motivazione.
L’articolo 3
della citata legge n. 241 prevede che ogni provvedimento
amministrativo (eccetto gli atti normativi ed a contenuto
generale) debba essere motivato, con l’indicazione per altro dei
presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno indotto
la decisione dell’amministrazione pubblica. Qualora le ragioni
della decisione risultassero da altro atto richiamato nella
stessa, l’amministrazione dovrebbe indicare nel provvedimento tale
atto e renderlo disponibile. L’art. 7 dello Statuto del
contribuente richiama al comma 1 il citato art. 3, mentre al comma
3 dispone che sul titolo esecutivo vada riportato il riferimento
all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la
motivazione della pretesa tributaria.
La Cassazione
stigmatizza ogni diversa interpretazione come “in insanabile
contrasto con l’art. 24 della Costituzione”, in quanto viene
impedito un adeguato esercizio del diritto di difesa da parte del
contribuente, ancor di più nel caso in cui la cartella non sia
stata preceduta da alcun atto di accertamento.
Nella medesima
sentenza n. 18415 la Corte accoglie un altro motivo del ricorso,
riguardante il termine di decadenza per l’iscrizione a ruolo e la
successiva notifica della cartella. Di tali questioni tratteremo
la settimana prossima, alla luce delle recenti evoluzioni sul tema
indotte, tra l’altro, dalla sentenza n. 280/2005 della Corte
Costituzionale e dalla legge n. 156/2005.
giancarlo.lopresti@siciliamercato.it
* funzionario
della Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate
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