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È nulla la cartella di pagamento in difetto di motivazione
di Giancarlo F. Lo Presti*


Il primo articolo di questo spazio che la redazione del settimanale ha deciso di destinare alla trattazione di alcuni aspetti problematici o di novità in campo fiscale, ha ad oggetto una pronuncia della V Sezione della Corte di Cassazione, la n. 18415 del 16 Settembre 2005, in merito alla nullità di una cartella di pagamento, in precedenza impugnata dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e Regionale perché risultavano incomprensibili le ragioni del recupero fiscale. La scelta è stata dettata anche dal fatto che, ahinoi!, non è proprio insolito per i contribuenti vedersi notificare una cartella esattoriale senza che si sia ricevuto un atto di accertamento in precedenza, così come non è insolito riscontrare obiettive difficoltà a comprendere il tipo di contestazione ed a risalire alle ragioni della stessa.

Nel caso di specie l’amministrazione aveva ripreso a tassazione il 50 % della somma versata dal contribuente come assegno alimentare, in adempimento degli impegni assunti in sede di separazione coniugale dinanzi al tribunale.

La cartella riportava tuttavia i soli codici tributo, senza alcuna nota di accompagnamento né alcuna motivazione per relationem.

A parere della Suprema Corte alla cartella esattoriale sono comunque applicabili i commi 1 e 3 dell’art. 3 della legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, espressamente recepiti per la materia tributaria dall’art. 7 della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), potendosi dunque eccepire la nullità della stessa in difetto di motivazione. 

L’articolo 3 della citata legge n. 241 prevede che ogni provvedimento amministrativo (eccetto gli atti normativi ed a contenuto generale) debba essere motivato, con l’indicazione per altro dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno indotto la decisione dell’amministrazione pubblica. Qualora le ragioni della decisione risultassero da altro atto richiamato nella stessa, l’amministrazione dovrebbe indicare nel provvedimento tale atto e renderlo disponibile. L’art. 7 dello Statuto del contribuente richiama al comma 1 il citato art. 3, mentre al comma 3 dispone che sul titolo esecutivo vada riportato il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria.

La Cassazione stigmatizza ogni diversa interpretazione come “in insanabile contrasto con l’art. 24 della Costituzione”, in quanto viene impedito un adeguato esercizio del diritto di difesa da parte del contribuente, ancor di più nel caso in cui la cartella non sia stata preceduta da alcun atto di accertamento.

Nella medesima sentenza n. 18415 la Corte accoglie un altro motivo del ricorso, riguardante il termine di decadenza per l’iscrizione a ruolo e la successiva notifica della cartella. Di tali questioni tratteremo la settimana prossima, alla luce delle recenti evoluzioni sul tema indotte, tra l’altro, dalla sentenza n. 280/2005 della Corte Costituzionale e dalla legge n. 156/2005.  

giancarlo.lopresti@siciliamercato.it                

 

* funzionario della Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate

 


 

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