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I fini ed i mezzi
di Giancarlo F. Lo Presti


Strano morbo quello che attanaglia, ad ogni livello, gli attori (tutti inclusi: elettori, eletti, governanti e governati) del sistema politico nel nostro paese: l’incapacità di distinguere i fini dell’azione politica con i mezzi attraverso cui quest’ultima dovrebbe perseguirli.

Troppo spesso, infatti, è accaduto ed accade che le forze politiche siano impegnate ad approntare ed eventualmente realizzare/approvare progetti di riforme sociali ed istituzionali destinate, potenzialmente, ad incidere in profondità sull’organizzazione e sulla regolamentazione dei diritti civili dei cittadini, senza tuttavia concentrarsi adeguatamente sugli aspetti di merito e di metodo di tali riforme.  L’unico movente ed obiettivo di un tale agire sembra essere, da destra a sinistra, quello di appagare le aspettative della “base”, di potere sventolare, perché no magari in una delle tante infinitamente lunghe campagne elettorali in cui l’Italia sembra essere ormai impantanata, la bandiera del federalismo, piuttosto che  dell’estensione alle piccole imprese dell’ormai famoso articolo 18 dello statuto dei lavoratori o ancora di sedicenti interventi laico-oltranzisti quali l’autorizzazione ai matrimoni tra omosessuali o  l’abrogazione della regolamentazione della fecondazione assistita. L’elenco, per altro, non è per niente esaustivo.

In realtà, ci tengo a precisare in via introduttiva che le tematiche cui si è appena fatto riferimento sono di assoluta rilevanza e soprattutto si collocano su un livello di pari dignità, pur insistendo su aspetti diversi dello stare insieme in società. Si potrebbe, tuttavia, innanzitutto discutere sulla priorità di tali temi rispetto ad altri, in un momento in cui il nostro paese presenta sintomi di crisi economico-industriale assai più strutturali di quello che si potesse immaginare all’inizio del nuovo millennio (si pensi ai problemi del mondo del lavoro, del sistema a garanzia del risparmio dei piccoli investitori, di un sistema previdenziale che tende a generare perdite nel tempo, dell’approvvigionamento energetico, con un aumento del prezzo del petrolio che innesca un circolo vizioso sul fronte del costo della vita,  a causa degli aumenti delle forniture di energia elettrica, etc..). Ma questo aspetto potrebbe essere oggetto, magari, di un altro dubbio. Quello su cui si vuole stimolare una riflessione in data odierna è che interventi quali quelli citati, che dovrebbero essere mezzi volti ad affinare il sistema istituzionale e/o a migliorare la qualità della vita ed il sistema dei diritti e delle garanzie civili in capo ai membri della comunità, assurgono invece spesso a fini dell’azione politica, quasi fossero valori, compiuti in sé e per sé. Le forze politiche danno a volte l’idea di procedere ignorando la necessità di valutazioni in merito all’opportunità, alla efficacia, persino alla concreta ed effettiva applicazione dei contenuti dei detti interventi: poco importa insomma cosa si fa, come si fa e se ciò che si fa risponde alle esigenze concrete del sistema ed è in grado di migliorarlo, l’importante è fare qualcosa che per anni è stato ed è magari tuttora un proprio cavallo di battaglia per questo o quel gruppo politico. Ciò, per altro, in barba a chi si ostina a considerare morta e sepolta ogni ideologia. A me sembra, al contrario, che alcuni interventi legislativi (o, mi si passi il termine, “paralegislativi” nel caso di referendum), presentati come rivoluzionari ma in realtà confusi e confusionari o in alternativa dai contenuti annacquati, siano figli proprio di rigurgiti ideologici e di pregiudizi di diversa ascendenza.

Attenzione comunque a considerare indenne dal virus della confusione tra mezzi e fini le realtà locali: affacciamoci all’uscio di casa e guardiamo la “gemma del Tirreno e finestra sui Nebrodi”, Capo d’Orlando. Qui, ormai da troppo tempo, si assiste ad una sorta di vacatio imperii, ad una crisi politico-amministrativa paralizzante che si riflette addirittura da mesi nell’impossibilità a formare una Giunta. Senza nulla di personale ovviamente verso i protagonisti di tale crisi, “fare” la Giunta sembra essere diventato l’unico obiettivo di questo periodo amministrativo. Ecco quindi che quello che dovrebbe essere un mezzo, l’individuazione dei componenti della Giunta comunale, per potere attuare un programma politico e realizzare degli interventi volti a migliorare la qualità della vita ed a favorire e promuovere lo sviluppo economico-sociale della comunità, sembra essere assurto a fine. Già, servizi essenziali e sviluppo economico, chissà quanto tempo resterà, “fatta” la Giunta, per occuparsene...

Riflettiamo e dubitiamo, lettori, sulla capacità dei protagonisti del nostro sistema politico di distinguere i mezzi dai fini.

 


 

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