Strano morbo
quello che attanaglia, ad ogni livello, gli attori (tutti inclusi:
elettori, eletti, governanti e governati) del sistema politico nel
nostro paese: l’incapacità di distinguere i fini
dell’azione politica con i mezzi attraverso cui quest’ultima
dovrebbe perseguirli.
Troppo
spesso, infatti, è accaduto ed accade che le forze politiche siano
impegnate ad approntare ed eventualmente realizzare/approvare
progetti di riforme sociali ed istituzionali destinate,
potenzialmente, ad incidere in profondità sull’organizzazione e
sulla regolamentazione dei diritti civili dei cittadini, senza
tuttavia concentrarsi adeguatamente sugli aspetti di merito e di
metodo di tali riforme. L’unico movente ed obiettivo di un tale
agire sembra essere, da destra a sinistra, quello di appagare le
aspettative della “base”, di potere sventolare, perché no magari
in una delle tante infinitamente lunghe campagne elettorali in cui
l’Italia sembra essere ormai impantanata, la bandiera del
federalismo, piuttosto che dell’estensione alle piccole imprese
dell’ormai famoso articolo 18 dello statuto dei lavoratori o
ancora di sedicenti interventi laico-oltranzisti quali
l’autorizzazione ai matrimoni tra omosessuali o l’abrogazione
della regolamentazione della fecondazione assistita. L’elenco, per
altro, non è per niente esaustivo.
In realtà, ci
tengo a precisare in via introduttiva che le tematiche cui si è
appena fatto riferimento sono di assoluta rilevanza e soprattutto
si collocano su un livello di pari dignità, pur insistendo su
aspetti diversi dello stare insieme in società. Si potrebbe,
tuttavia, innanzitutto discutere sulla priorità di tali temi
rispetto ad altri, in un momento in cui il nostro paese presenta
sintomi di crisi economico-industriale assai più strutturali di
quello che si potesse immaginare all’inizio del nuovo millennio
(si pensi ai problemi del mondo del lavoro, del sistema a garanzia
del risparmio dei piccoli investitori, di un sistema previdenziale
che tende a generare perdite nel tempo, dell’approvvigionamento
energetico, con un aumento del prezzo del petrolio che innesca un
circolo vizioso sul fronte del costo della vita, a causa degli
aumenti delle forniture di energia elettrica, etc..). Ma questo
aspetto potrebbe essere oggetto, magari, di un altro dubbio.
Quello su cui si vuole stimolare una riflessione in data odierna è
che interventi quali quelli citati, che dovrebbero essere mezzi
volti ad affinare il sistema istituzionale e/o a migliorare la
qualità della vita ed il sistema dei diritti e delle garanzie
civili in capo ai membri della comunità, assurgono invece spesso a
fini dell’azione politica, quasi fossero valori,
compiuti in sé e per sé. Le forze politiche danno a volte l’idea
di procedere ignorando la necessità di valutazioni in merito
all’opportunità, alla efficacia, persino alla concreta ed
effettiva applicazione dei contenuti dei detti interventi: poco
importa insomma cosa si fa, come si fa e se ciò che si fa risponde
alle esigenze concrete del sistema ed è in grado di migliorarlo,
l’importante è fare qualcosa che per anni è stato ed è magari
tuttora un proprio cavallo di battaglia per questo o quel gruppo
politico. Ciò, per altro, in barba a chi si ostina a considerare
morta e sepolta ogni ideologia. A me sembra, al contrario, che
alcuni interventi legislativi (o, mi si passi il termine,
“paralegislativi” nel caso di referendum), presentati come
rivoluzionari ma in realtà confusi e confusionari o in alternativa
dai contenuti annacquati, siano figli proprio di rigurgiti
ideologici e di pregiudizi di diversa ascendenza.
Attenzione
comunque a considerare indenne dal virus della confusione tra
mezzi e fini le realtà locali: affacciamoci all’uscio
di casa e guardiamo la “gemma del Tirreno e finestra sui Nebrodi”,
Capo d’Orlando. Qui, ormai da troppo tempo, si assiste ad una
sorta di vacatio imperii, ad una crisi
politico-amministrativa paralizzante che
si riflette addirittura da mesi
nell’impossibilità a formare una Giunta. Senza nulla di
personale ovviamente verso i protagonisti di tale crisi, “fare” la
Giunta sembra essere diventato
l’unico obiettivo di questo periodo amministrativo. Ecco quindi
che quello che dovrebbe essere un mezzo, l’individuazione
dei componenti della Giunta comunale, per potere attuare un
programma politico e realizzare degli interventi volti a
migliorare la qualità della vita ed a favorire e promuovere lo
sviluppo economico-sociale della comunità, sembra essere assurto a
fine. Già, servizi essenziali e sviluppo economico, chissà
quanto tempo resterà,
“fatta” la Giunta, per occuparsene...
Riflettiamo e
dubitiamo, lettori, sulla capacità dei protagonisti del nostro
sistema politico di distinguere i mezzi dai fini. |