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Situazione socio-economica in Provincia:  una  sfida da affrontare con realismo (1)*
di Giancarlo F. Lo Presti

 

L’obiettivo che mi sono posto con questo articolo è quello di evidenziare, se pur in sintesi e forse senza il grado di approfondimento dovuto, qualche aspetto problematico della situazione economica della nostra provincia,   tentando anche di esporre, e magari stimolare in altri, qualche riflessione “di metodo”. Premetto che so benissimo che alcun cose sono note e stranote da anni, e che non è mia intenzione di apparire disfattista o pessimista. Credo però  che troppo spesso ascoltiamo parole vuote e sganciate dalla realtà, e che negare l’esistenza di una malattia o ignorarne i sintomi non faccia diminuire il malore che questa è in grado di generare.

Ritengo che il miglior modo, in generale, per approcciare  un problema, e per poi provare ad affrontarlo, sia quello di mettere, prima di tutto, a fuoco, cioè di comprendere, il tipo di fenomeno, e la sua entità, con cui ci si deve misurare. Nel campo dello sviluppo locale questo sembra essere un concetto, apparentemente, acquisito: ogni atto o documento a carattere programmatico è infatti preceduto da una, più o meno approfondita ed aggiornata, “analisi territoriale”, ossia un fotografia, a 360 gradi (dai dati economici e sociali a quelli geografici, storici e culturali) del territorio con riferimento al quale si intende promuovere interventi di sviluppo economico-sociale “integrati”.

Tale analisi tuttavia dovrebbe costituire il costante riferimento per la messa a punto di strategie, obiettivi ed azioni e per la misurazione dei risultati raggiunti, senza essere ridotta dunque ad un adempimento “burocratico”, quasi ad un passaggio dovuto nel processo di messa a punto di documenti di programmazione a volte intesi da alcuni protagonisti della politica locale come strumenti per consentire di “accaparrarsi”, di prenotare in un certo senso, risorse pubbliche destinate agli investimenti in aree “sottoutilizzate”.

In tema i sviluppo locale sarebbe auspicabile avere in generale un approccio “realistico”: credo, infatti, che le informazioni su indicatori economico-sociali territoriali, vadano utilizzate come parametri di misurazione e confronto con le nostre situazioni locali, tentando (basta  almeno tentare, e per fortuna a volte c’è qualcuno che lo fa!) di individuare interventi che impattino direttamente su tali indicatori. Una  costante tensione verso i risultati ed una visione chiara della realtà alla lunga si potrebbe rivelare una strategia vincente.

Venendo a noi, ho preso in considerazione alcuni dati estrapolati dall’ “Analisi della situazione economica della Sicilia 1999-2003”, pubblicata sul sito della Regione Sicilia,  che ho trovato molto interessanti e che mi auguro  costituiranno (insieme ad altro, per carità!) il punto di partenza dei ragionamenti che ascolteremo nelle piazze, sotto i palchi, durante le ormai prossime  campagne elettorali che interesseranno vari livelli di governo.

Dai detti dati emerge che la provincia di Messina nel 2001 si è collocata al primo posto in assoluto nella Regione per reddito pro-capite. Tuttavia il dato negativo, ed a mio avviso più significativo, è che l’aggregato che consente di apprezzare la crescita del sistema economico, il valore aggiunto pro-capite reale (ossia depurato da variazioni dovute all’inflazione dei prezzi), cioè la differenza tra il valore della produzione di beni e servizi conseguita dalle singole branche produttive e il valore delle materie prime e ausiliarie e dei servizi impiegati, nel 2003 era pari al 70,4% della media nazionale, non avendo subito sostanziali variazioni rispetto al 1996, quando rappresentava il 70,1% della media nazionale.  Nel 2003 per altro, il settore dei servizi, tra cui vanno inquadrate anche le attività in campo turistico, ha subito un calo del 5,7% rispetto al 2002. In tale senso è bene ricordare anche che a livello regionale,  il tasso di utilizzazione lordo delle strutture alberghiere, prossimo al 40% nel 2001, è crollato al 33,2% nel 2003. Appare evidente che non è sufficiente la creazione di nuovi posti letto, ma che probabilmente, occorre parallelamente agire meglio in termini di marketing, perché il nuovo potenziale di ricettività diventi da subito strumento per l’incremento del turismo.

In poche parole: la nostra economia  fatica ancora a creare “valore”, cioè ricchezza.

A ciò va aggiunto che, in provincia:

-        il tasso di attività è diminuito ogni anno dal 2001 (47,4%) al 2003 (44,2%): ci sono cioè meno forze lavoro, occupate o in cerca di occupazione, sul totale della popolazione, rispetto a prima;

-        abbiamo un tasso di occupazione, ossia un rapporto tra gli occupati e la popolazione nella classe di età 15-64 anni anch’esso in calo (36,5% nel 2001, 34,5% nel 2003): ci sono cioè meno persone occupate tra i 15 ed i 64 anni;

-        abbiamo un tasso di disoccupazione, ossia un rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro che è aumentato nel 2003 (22%) rispetto al 2002 (20,5%), anche se è leggermente più basso rispetto al 2001 (23%): al di là del fatto che siamo su cifre elevatissime rispetto al dato nazionale (sotto il 9%), aggiungo che l’indicatore rischia di non cogliere la cosiddetta “disoccupazione scoraggiata”, cioè quelle persone che non cercano più un lavoro, stanche dei continui insuccessi nella ricerca, e che inoltre, tra il 1999 ed il 2003, si è registrato un calo delle forze di lavoro, cioè è diminuito il denominatore del rapporto...

giancarlo.lopresti@siciliamercato.it

                

*La seconda parte di quest’articolo sarà pubblicata la prossima settimana

 


 

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