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Spese sanitarie “rimborsate” e detraibilità ai fini IRE
di Giancarlo F. Lo Presti

 

L’argomento di cui ci occupiamo oggi può sembrare un po’ banale, ma spesso dà vita, per i  dipendenti di aziende private e pubbliche, a qualche incertezza sul comportamento da porre in essere in sede di compilazione dei modelli di dichiarazione dei redditi (a seconda delle circostanze, UNICO PF oppure il modello 730: è obbligatorio  utilizzare, ad esempio, UNICO e non il, più semplice, 730 quando il dipendente deve dichiarare anche redditi d’impresa o derivanti dall’esercizio di arti o professioni).
Il dubbio riguarda, in genere, la possibilità o meno di detrarre dall’imposta lorda dovuta sui redditi (IRE, ex IRPEF) le spese per l’assistenza sanitaria sostenute, a vantaggio sia della propria persona che dei soggetti fiscalmente a carico,  qualora queste siano state rimborsate da enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale per i dipendenti, in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.
 

L’art. 15, comma 1, lettera “c”, del TUIR-DPR n. 917/1986 prevede la detraibilità del 19% (con una franchigia però di € 129,11) delle spese sanitarie sostenute, anche per persone fiscalmente a carico. Se cioè sono state sostenute € 1000 di spese, è possibile detrarre dalle imposte che si devono pagare il 19% di € 870,89 (circa € 165).  Ci si potrebbe chiedere cosa fare quando parte delle dette spese sia stata rimborsata da specifici enti o casse (ad esempio l’ENAM per la categoria degli insegnanti della scuola primaria).
In realtà, già una rapida riflessione sui principi che governano l’ordinamento tributario indurrebbe a concludere per la non detraibilità delle dette spese, con riferimento alla sola parte rimborsata.
Considerando, infatti, che i contributi versati, dal datore di lavoro o dal lavoratore, agli enti o casse in questione, sino all’importo di € 2582,28 per l’anno 2005, “diminuito negli anni successivi in ragione di € 258,23 annue fino a € 1.807,60”, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, essendo deducibili, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera “a”, del TUIR, e che gli eventuali rimborsi ricevuti non vengono tassati, portare in detrazione la parte rimborsata delle spese sostenute comporterebbe un paradossale doppio, anzi triplo, risparmio d’imposta (deduzione dei contributi versati agli enti, non tassazione degli eventuali rimborsi da questi ricevuti e detrazione delle spese mediche rimborsate!).

L’Agenzia delle Entrate ha, ad ogni modo, chiarito, tra l’altro, nella Circolare n.50 del 12 giugno 2002, che le spese sanitarie sostenute, che hanno dato luogo al rimborso, a fronte dei contributi versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, non possono essere detratte dall’imposta dovuta dal contribuente o da quella dovuta dai familiari non a carico.
La detrazione può essere, invece, ovviamente applicata con riferimento all’ammontare della spesa che non è stata rimborsata dall’ente o cassa.
Ipotizzando dunque di avere sostenuto nel 2004 spese mediche per € 1129,11 ed di avere ricevuto un rimborso pari ad  € 400, si sarebbe dovuto portare in detrazione il 19% di € 600. Quest’ultimo importo è calcolato come segue:
€ 1129,11 di spesa complessiva - € 129,11 di franchigia - € 400 di rimborsi ricevuti dall’ente/cassa di assistenza.

giancarlo.lopresti@siciliamercato.it 
 

 


 

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