L’argomento di
cui ci occupiamo oggi può sembrare un po’ banale, ma spesso dà
vita, per i dipendenti di aziende private e pubbliche, a qualche
incertezza sul comportamento da porre in essere in sede di
compilazione dei modelli di dichiarazione dei redditi (a seconda
delle circostanze, UNICO PF oppure il modello 730: è obbligatorio
utilizzare, ad esempio, UNICO e non il, più semplice, 730 quando
il dipendente deve dichiarare anche redditi d’impresa o derivanti
dall’esercizio di arti o professioni).
Il dubbio riguarda, in genere, la possibilità o meno di detrarre
dall’imposta lorda dovuta sui redditi (IRE, ex IRPEF) le spese per
l’assistenza sanitaria sostenute, a vantaggio sia della propria
persona che dei soggetti fiscalmente a carico, qualora queste
siano state rimborsate da enti o casse aventi esclusivamente fine
assistenziale per i dipendenti, in conformità a disposizioni di
contratto o di accordo o di regolamento aziendale.
L’art. 15, comma
1, lettera “c”, del TUIR-DPR n. 917/1986 prevede la
detraibilità del 19% (con una franchigia però di € 129,11) delle
spese sanitarie sostenute, anche per persone fiscalmente a carico.
Se cioè sono state sostenute € 1000 di spese, è possibile detrarre
dalle imposte che si devono pagare il 19% di € 870,89 (circa €
165). Ci si potrebbe chiedere cosa fare quando parte delle dette
spese sia stata rimborsata da specifici enti o casse (ad esempio
l’ENAM per la categoria degli insegnanti della scuola primaria).
In realtà, già una rapida riflessione sui principi che governano
l’ordinamento tributario indurrebbe a concludere per la non
detraibilità delle dette spese, con riferimento alla sola parte
rimborsata.
Considerando, infatti, che i contributi versati, dal datore di
lavoro o dal lavoratore, agli enti o casse in questione, sino
all’importo di € 2582,28 per l’anno 2005, “diminuito negli anni
successivi in ragione di € 258,23 annue fino a € 1.807,60”,
non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, essendo
deducibili, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera “a”,
del TUIR, e che gli eventuali rimborsi ricevuti non vengono
tassati, portare in detrazione la parte rimborsata delle spese
sostenute comporterebbe un paradossale doppio, anzi triplo,
risparmio d’imposta (deduzione dei contributi versati agli enti,
non tassazione degli eventuali rimborsi da questi ricevuti e
detrazione delle spese mediche rimborsate!).
L’Agenzia delle Entrate ha, ad ogni modo, chiarito, tra l’altro,
nella Circolare n.50 del 12 giugno 2002, che le spese sanitarie
sostenute, che hanno dato luogo al rimborso, a fronte dei
contributi versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o
casse aventi esclusivamente fine assistenziale, non possono essere
detratte dall’imposta dovuta dal contribuente o da quella dovuta
dai familiari non a carico.
La detrazione può essere, invece, ovviamente applicata con
riferimento all’ammontare della spesa che non è stata rimborsata
dall’ente o cassa.
Ipotizzando dunque di avere sostenuto nel 2004 spese mediche per €
1129,11 ed di avere ricevuto un rimborso pari ad € 400, si
sarebbe dovuto portare in detrazione il 19% di € 600. Quest’ultimo
importo è calcolato come segue:
€ 1129,11 di spesa complessiva - € 129,11 di franchigia - € 400 di
rimborsi ricevuti dall’ente/cassa di assistenza.
giancarlo.lopresti@siciliamercato.it
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