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 Politica & Società... 


 

Inchiesta: così il Sud butta via i soldi

Di Matthias Pfaender

www.ilgiornale.it

 

Sei miliardi e ottocento milioni di euro da spendere entro il 31 dicembre. Eccolo il tesoretto del Sud, un patrimonio da investire, distribuire, erogare: altrimenti si perderà per sempre. Avere troppi soldi, così tanti da non sapere come spenderli: un destino comune solo alle superstar di Hollywood e alle regioni del Mezzogiorno, che questa settimana si sono viste recapitare un promemoria dalla Ragioneria generale. I Contabili dello Stato hanno ricordato alle sette regioni del meridione - Sardegna compresa - che i fondi europei non si possono dimenticare in cassaforte: o si riesce a spenderli o li si guarda mentre prendono la strada del ritorno, e rientrano nelle casse di Bruxelles per andare da qualche altra parte.
Una montagna di soldi che sono lì pronti per noi, ma che evidentemente i nostri politici e i nostri burocrati non vogliono. Sei miliardi e ottocento milioni di euro: forse non è tanto chiaro quanto siano. Ecco, per avere un’idea è un tesoro che vale quanto mezza manovra finanziaria annuale, tre volte lo sconto fiscale dell’Ici, nove passanti di Mestre, venti stadi olimpici come quelli di Pechino, il doppio del budget dell’agenzia spaziale europea, un’intera flotta navale da combattimento.
Anche considerando la capacità, più volte dimostrata dagli amministratori regionali, di saper prelevare a piene mani dalle casse pubbliche, riuscire a spendere 76 milioni di euro al giorno per 90 giorni è una sfida da non sottovalutare. Il problema poi è sempre come, però. «Vedrete, si scateneranno. Pur di non perdere i fondi, spenderanno a più non posso, pagheranno fatture per tutto». Questa la previsione che arriva dalla Ragioneria generale dello Stato, dove tra i corridoi e la macchina del caffè professionisti e tecnici si preparano a essere sommersi dal mare di fatture che da qui a breve arriveranno dai vari governatori, che in otto anni non sono riusciti a trovare una destinazione al 20 per cento dei 37 miliardi che l’Unione europea ha destinato loro nei Por (programmi operativi regionali) per interventi di sviluppo nel piano di finanziamenti 2000-2006.
Mediamente è stato speso l’81,7 per cento dei soldi disponibili, ma con differenze importanti: «La migliore performance attuativa - fanno sapere dalla Rgs - è quella del Molise, che ha già effettuato pagamenti per il 90,7 per cento dei contributi». Il che equivale a dire che nelle casse di Campobasso restano «solo» 43 milioni e 779 mila euro. Briciole, rispetto a quanto rimane nelle casse di palazzo a Santa Lucia, cioè alla Regione Campania, dove ci sono ancora un miliardo e 608 milioni di euro da investire - l’equivalente del 20,8 per cento dei fondi stanziati da Bruxelles. Riusciranno Bassolino e i suoi collaboratori a pagare lavori ed erogare contributi per 17 milioni e 869 mila euro al giorno? «Probabilmente ci arriveranno vicino - commentano dalla Ragioneria generale - considerando che nello scorso piano di finanziamenti, quello del 1994-1999, hanno superato il 90 per cento di spesa». Bene. Anche se, visto che nella seconda metà degli anni novanta la Campania ha investito 81 milioni di euro di fondi Ue per l’emergenza rifiuti - altri 170 dal 2000 a oggi - dubbi sull’urgenza di spendere questi soldi sono stati sollevati da più parti. Nello scorso gennaio l’allora ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani arrivò a commentare: «Piuttosto che vederli sperperati li rimando indietro. Meglio non spenderli che impegnarli male».

Il Molise il più virtuoso, la Campania la meno «spendacciona», nell’unica classifica in cui la propensione alla spesa è virtù. In mezzo la Calabria, che ha ancora poco più di 708 milioni da spendere (equivalente al 17,5 per cento), la Basilicata (264 milioni - 15,5 per cento), la Puglia (869 milioni - 16,6 per cento), la Sardegna (730 milioni - 17,4 per cento) e la Sicilia (un miliardo e 602 milioni di euro, equivalenti al 18,9 per cento dei fondi stanziati). Sono lì, tutti per loro, tutti per i cittadini. Però sembrano congelati perché la politica e la burocrazia non si muovono. Il 31 dicembre è vicino, molto vicino. E c’è chi scommette che non tutti se ne siano accorti.

 


Il capo della programmazione, Palocci, lascia l'incarico a 3 mesi dalla scadenza dei Por.
Il presidente Lombardo ringrazia e affida l'interim ad Emanuele

 
A tre mesi dalla scadenza più impegnativa – la presentazione dei programmi regionali per l’accesso ai fondi europei - Gabriella Palocci, dirigente generale della Programmazione, ha lasciato l’incarico. ''Gabriella Palocci ha espresso nella sua attività - ha detto Lombardo - energia, competenze e rigore universalmente riconosciute, anche in sede comunitaria, riuscendo a conseguire qualificati e lusinghieri risultati, proprio nel settore dei Fondi strutturali dove avevamo accumulato piu' ritardi''.

Gabriella Palocci aveva richiesto la risoluzione del rapporto con la Regione siciliana nella primavera scorsa, quando il governo Lombardo è succeduto al governo Cuffaro. Il neo Presidente, secondo le cronache ufficiali, chiese alla dirigente di recedere la duo suo proposito. L’episodio fu interpretato come un normale atto di galateo politico da parte della dirigente, cui è seguita la manifestazione di fiducia da parte del Governatore.

Il ripensamento, al di là delle frasi rituali e dell’ufficialità, non può essere rubricato come un normale turn over, sia per i tempi assai ravvicinati della presentazione dei programmi, sia per la decisione della Palocci di rimanere alla testa della programmazione siciliane e del governatore di continuare a servirsi del dirigente.

In circostanze analoghe, la verità viene fuori con difficoltà, il fair play impone dei passaggi obbligati, le ragioni vere vengono fuori a distanza di tempo. Sarebbe stato impossibile procedere ad una rimozione, in considerazione del personaggio: Gabriella Palocci ha un curriculum invidiabile. E’ stata dirigente ministeriale, a Roma si è guadagnata la fama di esperta nel settore della programmazione. L’ex Presidente Cuffaro ne ha tessuto gli elogi in più circostanze. E’ stata considerata inamovibile.

Gli impegni con Bruxelles avrebbero dovuto consigliare un rinvio di una decisione così impegnativa, come la rescissione del rapporto contrattuale – ciò vuol dire che le motivazioni reali, non note, devono avere avuto un peso maggiore.

Nella ricostruzione di Repubblica, è stato il Presidente Lombardo a chiedere le dimissioni, una versione confermata dalle reazioni irritate dei dirigenti siciliani dell'Udc e dello stesso Totò Cuffaro, il quale se ne rammarica e considera la Palocci insostituibile. Ma anche lui dice di non saperne niente sulle motivazioni reali, che cosa abbia determinato la separazione consensuale. 

Lombardo ha affidato l’interim della programmazione al dottor Enzo Emanuele, il ragioniere generale della Regione.

Proprio qualche giorno fa avevamo dato notizia di una iniziativa della dirigente della programmazione, un bando per la selezione di 30 professionisti esperti in fondi europei. La scelta era stata giustificata dalla inesistenza di esperti nell’amministrazione regionale. Siccome i dirigenti della Regione sono 3200, il fatto che non si trovassero competenze idonee per "parlare” con l’Europa, ha provocato sconcerto. Che la Palocci non si sia inventata la carenza è indubbio, perché il bando è stato deciso dopo un censimento delle “disponibilità” in ogni dipartimento. Questo censimento ha rivelato la incredibile carenza di professionalità in un settore ormai centrale dell’attività della Regione siciliana.

Non è possibile collegare questa iniziativa alle dimissioni della dirigente, ma bisogna prendere atto di una concomitanza temporale fra le dimissioni e la diffusione della notizia del bando.

C’è , infine, una considerazione di natura politica che più d’uno fa sulle dimissioni di Gabriella Palocci, e riguarda proprio l’ex Presidente Cuffaro. La Palocci è stata visto come il fiore all’occhiello del governo Cuffaro ed una persona vicina all’ex governatore. Che si lasci un ruolo così importante non è ininfluente. Si tratta di un nuovo strappo fra Lombardo e Cuffaro? Il sospetto è eccessivo, non ci sono elementi che suffragano l’ipotesi.

Che ci si trovi davanti ad un passaggio cruciale del nuovo planning elaborato con molta cautela da Raffaele Lombardo, è possibile.

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La Palocci è stata un personaggio sopravvalutato e nello stesso tempo mandata allo sbaraglio. Neanche Valentino Rossi potrebbe trasformare un vespino 50 in una Honda 1.000! Certo, per 500.000 euro di compenso l'anno poi ridotti a 250.000 l'amministrazione regionale avrebbe dovuto attendersi di più. I risultati sul P.O.R sono noti, un quasi totale fallimento, vuoi per la scarsa capacità di spesa rispetto alle risorse assegnate, vuoi per l'infima qualità della maggior parte dei progetti approvati. Una quantità enorme di risorse, invece che per interventi strutturali, si sono perse in rivoli di inutili progetti di consulenza centri di competenza, circoli della conoscenza, fantomatiche reti ecc. che nessuno capisce a cosa possano servire. La Palocci ha fatto bene ad andarsene, avrebbe dovuto farlo prima. Anche se fosse stata dotata di questa grande capacità avrebbe comunque avuto risultati deludenti visto che la l'amministrazione regionale è un carrozzone al limite del dissesto.

Ciliegina sulla torta…l’interim al cuffariano di ferro Emanuele, inventore delle tantissime società regionali mangiasoldi, si commenta da sé.

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