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Katia Mammana
Agorà: Arte - Cultura - Religione

Febbraio 2002

Gruppo missionarie dell'Ami

 

 

 

 

 

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Un piccolo gesto concreto per…
salvare tante vite

       

L’Africa sembra davvero lontana, quasi uno scenario surreale immaginato o visto in Tv…fino a quando non ti capita di incontrare qualcuno che, lasciando il ben più comodo, sano e tecnologicizzato continente europeo, ha fatto di una delle terre più povere al mondo, la sua patria. 

Follia, filantropia, ricerca di un senso da dare alla vita, fede, bisogno di darsi agli altri, risposta ad una chiamata di Dio, sono tante le motivazioni che spesso appiccichiamo a questa o a quell’altra persona di cui abbiamo letto, o di cui ci hanno parlato. Quando però accade di incontrarne personalmente qualcuna, si comincia, forse, a tacere e ad ascoltare, a contemplare, a mettersi un po’ in questione, in subbuglio.


Proprio in questi giorni, Maria Pia Reggi, una dottoressa di origine emiliana, sta visitando vari paesi del comprensorio, e sta incontrando soprattutto moltissimi giovani, per lanciare a tutti un appello alla solidarietà, alla condivisione.

La Reggi è uno dei membri dell’Associazione Missionaria Internazionale, nata nel 1989 a Faenza, con la finalità di “Testimoniare l’amore di Dio Padre che si prende cura di tutti i suoi figli, con una speciale predilezione per i più poveri ed emarginati”.

L’associazione è composta, oltre che dalle missionarie, da laici, diaconi e sacerdoti e opera, in diverso modo in Italia, India, Tanzania, Eritrea.

Proprio in Eritrea, l’AMI, negli ultimi nove anni, ha realizzato un ospedale con 37 posti letto, il Digsa Health Center, ove si attua un costante servizio di assistenza medica, educazione sanitaria, prevenzione, per gli oltre cinque milioni di persone che sopravvivono in condizioni di povertà estrema, aggravata dalla recente guerra con la confinante Etiopia.

La struttura è potuta sorgere grazie all’apporto di numerosi volontari che hanno messo a disposizione il loro tempo, le loro forze e competenze perché sorgesse un’oasi di speranza e di vita laddove c’era solo deserto, povertà, fame e guerra.

Fra i membri missionari dell’ospedale c’è anche una nostra conterranea, la dottoressa Antonietta Zampino, originaria di Patti. 

E’ incredibile vedere le immagini di un piccolo gioiellino che riesce a migliorare la vita a tante persone, soprattutto a migliaia di bambini, salvati dalla malnutrizione e dalle malattie tipiche di questi luoghi. Al Digsa Health Center è possibile fare interventi chirurgici,
utilizzare alcune macchine fondamentali per un ospedale, grazie a chi è riuscito a fare arrivare la corrente elettrica in pieno deserto, realizzando un impianto di pannelli solari o, grazie a chi ha contribuito a non far mancare l’acqua, costruendo un indispensabile e preziosissimo pozzo.


Attualmente il Governo dell’Eritrea ha affidato alle missionarie ben 14 villaggi. Sono tantissime le persone di cui la missione è responsabile, dal punto di vista sanitario e non solo. 

Certamente le forze non sono commisurate ai bisogni, però, tanta gente aiuta concretamente e in vario modo le missionarie.

Intanto parallelamente all’ospedale, costruito impiegando, quasi stimolando, anche la poca manodopera locale, sono nate le prime case che, in alcuni villaggi, stanno, via via, sostituendo le vecchie capanne.

Ma la povertà è davvero tanta, aggravata dalla guerra e dalla siccità che accrescono il numero dei bambini e degli adulti in condizioni di gravissima malnutrizione, mentre dilagano la Tbc e l’Aids.

Per questo le missionarie continuano a ripetere gli appelli alla solidarietà: ognuno può dare tantissimo, anche con piccoli gesti concreti.

La guerra, infatti, ha portato via numerosi operatori sanitari dell’ospedale, chiamati alle armi. La svalutazione della moneta locale ha aumentato del doppio il costo della vita, e gli stipendi degli operatori che hanno famiglie da mantenere non sono sufficienti, data la remunerazione troppo bassa. Per questi motivi, l’AMI propone a quanti volessero dare una mano per migliorare la situazione, di adottare un operatore sanitario, per sostenere l’ospedale di Digsa e dare la possibilità alla gente di curarsi, come è il diritto di ogni uomo. 

Per saperne di più su questa e altre iniziative Clika qui e soprattutto metti a disposizione ciò che hai e ciò che sei…potrebbe essere già un piccolo grande passo in avanti per migliaia di persone.



          
                                                                       Katia Mammana  

 

 

 

 

 

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