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IL FENOMENO | |
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Copertine su Time e Newsweek La ricerca: solo il 26% dei bimbi conosce i personaggi |
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L’Occidente riscopre la Natività «Simbolo di un’identità perduta» | |
ROMA - Quando
Time e Newsweek mettono in copertina la stessa storia
vuol dire che nel mondo è successo qualcosa di grosso, qualcosa che da
cronaca si trasformerà in storia. Per capire: è andata così con la
caduta del Muro di Berlino, gli attentati dell’11 settembre, la morte
di Ronald Reagan. Ed è andata così anche questa settimana quando per
la prima pagina della loro edizione americana i due settimanali hanno
scelto la natività. Certo, non è una sorpresa visto che a Natale
mancano pochi giorni. Eppure quelle due immagini, quei due titoli («La
nascita di Gesù», «I segreti della natività»), sono il segnale che
il presepe non è più soltanto uno scatolone da tirar fuori dal garage
tanto per far contenti i bambini. Ma un fatto sociale, un simbolo di
identità. Un valore. E se per gli Stati Uniti di George W. Bush si può
pensare ad un’aria nuova (o vecchia?) portata dal vento teocon che
soffia sempre più teso ed evangelico, gli inviti alla riscoperta del
presepe fioccano anche in Italia. Non c’è solo l’appello del Papa.
Non ci sono solo le discussioni sul presepe da fare a scuola oppure no
perché potrebbe offendere gli alunni musulmani, oppure i politici che
si affrettano a dichiarare sul tema: ieri la vice presidente della
Regione Lombardia, Viviana Beccalossi di An, ha comprato un’intera
pagina del quotidiano Bresciaoggi per invitare gli insegnanti a
«non privare del presepe i nostri bambini». C’è anche altro. Dice
il sociologo Franco Ferrarotti: «E’ una rivincita su Halloween che
negli ultimi anni ci ha pacificamente invaso. E questo perché il ricco
occidente, Europa mediterranea compresa, ha bisogno di ritrovare i suoi
simboli. Ma è possibile che si tratti di una risposta, a volte
inconscia, all’aumento della presenza di simboli islamici nel nostro
Paese». Riscoperta della radici, dunque, come percorso culturalmente
avvertito, sentito e voluto. Tanto che non sembra riguardare i più
piccoli. Secondo uno studio pubblicato proprio ieri da Eta Meta
Research , solo il 26% dei bambini italiani conosce i personaggi del
presepe. Gli altri preferiscono i supereroi. «La colpa - osserva
Ferrarotti - è dei genitori che hanno fatto il ’68: convinti che
essere democratici vuol dire avere la mente aperta, si sono costruiti
una mente talmente aperta che è diventata vuota, lasciando i figli
nella piena inappetenza culturale e religiosa. Nessun insegnamento, solo
il nulla». Vede più pericoli che vantaggi lo storico Franco Cardini: «Il ritorno al presepe sarebbe anche un bene come ricerca di un’identità troppo trascurata negli ultimi anni. Ma purtroppo è soltanto la conseguenza di questa ondata di neoreligiosità largamente pretestuosa perché con motivazioni esclusivamente politiche. Siamo al cristianismo che non è il cristianesimo ma la manifestazione di un’appartenenza in polemica con altre culture non cristiane e in particolare con l’islam. Un atteggiamento preoccupante dal punto di vista politico perché ci porta dritti allo scontro fra civiltà. E blasfemo dal punto di vista religioso perché strumentalizza la fede». Da medievista, Cardini guarda al tempo delle crociate: «Nel 1229 Federico II andò in Terra Santa per trattare la pace. In segno di rispetto, il cadì chiese ai muezzin di non fare l’appello alla preghiera. E il giorno dopo Federico lo rimproverò: "Ognuno deve conservare le sue tradizioni. Se verrai in Sicilia avrai tutti gli onori ma non farò certo tacere le campane perché c’è un musulmano a Palermo". Ecco, lo spirito dovrebbe essere questo. Io non lo vedo più, rischia di prevalere l’opportunismo politico e una demenziale rivendicazione di superiorità dell’Occidente». |
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Lorenzo Salvia |
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«Il presepe fa parte della nostra cultura» |
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